Gianluca Piernera, viticoltore per caso, racconta come si fa il suo vino.
Il vino non è come l’acqua che nasce dalla roccia…
La Cantina Ninni si trova nel comprensorio del comune di Spoleto, all’interno della zone DOC del Trebbiano Spoletino e dei Monti Martani (a 350 metri di altezza).
Qui si produce un Trebbiano Spoletino che oltre alle caratteristiche del vitigno, esprime anche la storia del territorio e di questo vino.
Gianluca è innamorato delle sue vigne, è evidente. Ed è affascinante ascoltare le origini del suo Trebbiano Spoletino. Infatti, c’è un segreto, e ce lo ha svelato…
Intanto ci racconta della differenza tra fare vino seguendo gli standard o le peculiarità di un territorio o di una particolare annata.
Ci torna in mente il bellissimo documentario Mondovino (2004).
Ecco il segreto
Una prima attenzione particolare Gianluca la mette nello scegliere gli innesti americani: quelli da lui utilizzati provengono infatti dal Lago di Bolsena, da un territorio vulcanico che quindi contribuisce a esaltare la sapidità, caratteristica intrinseca di questo vitigno, recentemente riscoperto.
Ma il segreto riguarda le piante e la mano dell’uomo, che qui è fondamentale. Sì perché se l’uva è buona non serve nessun procedimento, se l’uva è sana è bella, in cantina non serve apportare modifiche al mosto, afferma Gianluca.
Ci racconta di utilizzare barbatelle del clone riconosciuto dall’Università di Perugia, ma questo, possono farlo tutti.
La grande sfida vinta da questo produttore riguarda l’essere riuscito a far crescere piante dalle masse dell’antico Trebbiano Spoletino, quello che cresceva sulle viti maritate. Questo gli consente di unire due cloni e di ottenere un trebbiano spoletino dove la sapidità è intensa e atavica.
Proprio perché credeva molto nel “ritorno “ di questo vitigno, si prese il rischio di provare a piantare franco di piede delle piante prese dalle masse antiche.
Ovviamente, anche il territorio fa la sua parte: in generale, il territorio spoletino e dei dintorni è abbastanza omogeneo, e per acidità, sapidità e aromaticità produce un vino molto apprezzato. Ma nello specifico, il terreno della collina del Poggiolo di Ninni è in prevalenza argilloso con substrati di marna, diversi tra loro e di colore diverso, quindi ricco di minerali.
Intanto, le piante continuano a crescere, andando a pescare sempre più in profondità, esaltando la sapidità che il Trebbiano Spoletino già possiede…
In cantina il vino non lo tocco, va solo fatto maturare, afferma Gianluca, che infatti non filtra i vini (che sono sorprendentemente limpidi) e i solfiti aggiunti non superano mai gli 80 milligrammi per litro. I lieviti impiegati sono solo quelli dell’uva.
La concimazione del terreno non viene mai fatta per evitare lo stress della pianta, solo in fase vegetativa si utilizza un prodotto biologico (a base di alga, humus, estratto d’arancia e propoli).
Ci piace molto la storia di questa piccola eccellenza di Spoleto, che dimostra come puntare sulla biodiversità faccia la differenza.